Lago di Giacopiane
Borzonasca
A distanza di qualche mese dalla nostra prima escursione in Val D'Aveto, ritorniamo nell'entroterra chiavarese per visitare uno dei luoghi più suggestivi del parco: il Lago di Giacopiane.
Ci troviamo a qualche chilometro dal confine tra Liguria ed Emilia Romagna, in una zona che non abbiamo mai visitato prima, sicuramente la più rappresentativa dell'Appennino Ligure, che vanta tratti di natura incontaminata. Prima di raggiungere la nostra meta però, ci fermiamo al Bar Poker D'Assi su via Angelo Grilli, per acquistare uno speciale permesso di transito dal costo di 5 euro, valido per l'intera giornata e per un solo veicolo (con la sola esclusione di camper e van che non sono ammessi). Per completare l'acquisto del pass è necessario ricordarsi la propria targa, altrimenti farete come me che son uscito a leggerla su sfottò da parte di Vale che son sicuro avrebbe avuto il mio stesso destino.
Ottenuto il biglietto esponetelo già sul cruscotto della macchina onde evitare di incappare in una multa salata. Dal centro di Borzonasca ci vorranno circa 25 minuti di percorrenza per raggiungere la nostra tanto ambita meta.
Giunti in loco troviamo posteggio senza alcun tipo di difficoltà nei pressi della diga principale, posta a monte della centrale, che alimenta il polo idroelettrico di proprietà della Tirreno Power. Il Lago di Giacopiane si colloca al terzo posto dei laghi più ampi della Liguria, dopo il Lago del Brugneto e il Lago di Osiglia. Come gli altri due menzionati, si tratta anch'esso di un bacino artificiale, realizzato tra il 1920 e il 1926, in pieno regime fascista, sbarrando il corso del Rio Calandrino, affluente del Torrente Penna.
La diga principale, dove ci troviamo noi alla partenza della trekkinata, è un'opera davvero maestosa, ovviamente percorribile sia a piedi sia in auto (solo con permesso speciale) e sormontata da un tempietto in puro stile Liberty che dovremo attraversare. Proprio dal centro della diga è possibile ammirare entrambi i laghi, quello sottostante, decisamente più piccolo per dimensioni e portata del principale, denominato Lago di Pian Sapeio, è delimitato a sud-ovest da una caratteristica ulteriore diga "a botte".
Il secondo invaso venne costruito a partire dal 1921 proprio per ricevere le acque degli altri rii circostanti la valle, provenienti maggiormente da Pian delle Moglie, in provincia di Parma. Lo sbalzo di circa 50 metri tra Giacopiane e Pian Sapeio permette la produzione di energia elettrica, che viene convogliata per mezzo di alcune turbine, in un sistema di tubazioni che termina presso la centrale "Lago" posta in prossimità di una sponda del bacino più piccolo.
L'acqua, a sua volta, alimenta le successive centrali di Caroso, Caroso-San Michele, San Michele e quella di Borzonasca, formando un'asta idraulica composta in totale da 4 centrali con 5 salti idraulici e 7 gruppi idroelettrici, per un salto complessivo di circa 900mt, producendo una potenza energetica annua di 40GWh. Tutto attorno a noi il panorama si estende sino al mare, tra foreste di faggi, boschi di castagne e verdeggianti pascoli.
Il sentiero che andremo a percorrere si snoda tutto attorno all'invaso principale di Giacopiane, quasi sempre in piano e a tratti proprio a ridosso delle rive, con un dislivello che raggiunge al massimo i 50 mt di salita, la sua facile percorrenza è adatta anche ai più piccini e persino con i passeggini (da trekking ovviamente).
Il primo tratto di selciato si addentra nel bosco, seguendo i pittogrammi del CAI rombo rosso A7, provenienti dalla cima del vicino monte Bregaceto (1171 m slm) con direzione Nord-Est Passo Prè de Lame/Monte Aiona (1701 m slm).Ciò che noi andremo a percorrere sarà solo una piccola parte di questo itinerario infatti, raggiunto un cartello informativo del Parco dell'Aveto, prenderemo la nostra sinistra continuando la nostra trekkinata circumnavigando il lago.
Proprio leggendo il pannello veniamo a conoscenza di una curiosità che mai ci saremmo aspettati dalla nostra amata Liguria, riguardante un'antica tradizione originaria dell'Oriente.
Circa 2000 anni fa in Cina si iniziarono ad apprezzare le pietre naturali, dando loro valore per forma e colore, utilizzando quelle ritenute più eleganti come supporto per i preziosi bonsai, che assumevano così il nome di “Bonkei”. Col tempo questa arte arrivò sino in Giappone, dove venne approfondita a tal punto da diventare una vera e propria disciplina, quella di disporre in maniera gradevole pietre particolari per forma, colore e dimensione in modo da favorire la meditazione.
I giapponesi divennero così pionieri di una nuova arte, il “Suiseki”, ovvero pietra-acqua, atta a valorizzare piccole pietre modellate secondo natura, principalmente dal moto delle acque.
Nel corso dei secoli la conoscenza del Suiseki si allargò fino a raggiungere l'Europa, le Americhe, sensibilizzando l'Italia all'inizio degli anni '90. Le rocce più adatte ad essere trasformate in Suiseki sono i Palombini e indovinate un po'? Il lago di Giacopiane è il giacimento più apprezzato e conosciuto del nord Italia; le rocce che affiorano in maniera evidente sulle sponde del lago, lo rendono meta di pellegrinaggio per appassionati e collezionisti.
Ma se i sassi non sono propriamente di vostro interesse, e lo capiamo benissimo, ora vi diamo un motivo più valido per potervi addentrare in questo itinerario. Se sarete fortunati, durante la vostra trekkinata, potrete incontrare i celebri cavalli selvaggi della Val d’Aveto.
Nell’area del Parco, distribuiti tra gli alti pascoli montani e le sponde dei laghi, qui ricompreso anche il Lago delle Lame di Rezzoaglio, vive un numeroso branco di cavalli selvaggi, composto da una cinquantina di esemplari. Essi sono gli eredi di un piccolo gruppo, il cui proprietario è morto da tempo, e sono sopravvissuti nell'area protetta adattandosi alla perfezione alla vita in natura. Geneticamente riconducibili alla razza bardigiana, presentano una costituzione robusta, adatta al clima rigido della montagna, fisicamente dotati per affrontare terreni impervi e scoscesi. In passato erano usati come cavalli da soma e da tiro, vista la schiena forte e lunga adatta per trasportare il basto.
Essendosi di fatto dovuti adattare allo stato brado, hanno saputo cavarsela egregiamente tanto da dar vita a nuove famiglie.
Il loro comportamento in natura è molto simile a quello dei Mustang delle praterie americane e dei cavalli di Przewalski della Mongolia. Così, per comprendere al meglio la loro storia, nel 2012, è nato il progetto Wild Horse Watching – I cavalli selvaggi della Val d’Aveto, con lo scopo di divulgare questa incredibile realtà. Contattando direttamente l'associazione sul loro sito web www.icavalliselvaggidellaveto.com, è possibile effettuare escursioni guidate con una guida esperta e accompagnatore equestre. Un’occasione unica per poter osservare i cavalli nel loro habitat, che si rivela oltremodo di grande valore naturalistico, ricco di storia e tradizioni tramandate di generazione in generazione.
Durante il nostro percorso noi abbiamo avuto la fortuna di incontrare due esemplari adulti intenti a brucare l’erba.
Un approfondimento doveroso lo abbiamo poi condotto a casa, dando il giusto peso alle parole: derivando da un branco di cavalli domestici, chiamarli "selvaggi" non è proprio la terminologia corretta.
Rinselvatichiti – o “rewild” – è il termine giusto per indicare gli animali che appartengono a specie domestiche ma che, per diversi motivi, vivono liberi da più generazioni, perdendo quasi definitivamente il contatto con l’uomo. Insieme al cavallino della Giara sardo e al Sanfratellano della Sicilia, i cavalli dell'Aveto risultano gli unici veri cavalli rinselvatichiti esistenti in Italia.
Se nel corso di una tranquilla escursione dovreste mai imbattervi in un avvistamento, sappiate e tenete bene a mente che occorrerà osservarli in silenzio e mantenendo la giusta distanza: non essendo abituati a condividere il loro spazio con le persone, potrebbero diventare persino un rischio da non sottovalutare.
Fate come noi, emozionatevi e scattare alcune fotografie, saranno sicuramente un piacevolissimo ricordo da sfoggiare nella vostra galleria.
Route in Zahlen
h 1.15
Reisezeit
4,50 Km
Pfadlänge
50 mt
Höhenunterschied