Il Canyon della Val Garagassa
Rossiglione
Avete presente quelle location che solitamente si vedono nei vecchi film western americani? Ecco, anche da noi in Liguria esistono scenari molto simili che riescono a catapultarci in ambienti davvero unici e suggestivi, come quelli del Grand Canyon in Arizona, specialmente se si considera che si trovano non molto distanti da casa. Ed è così che per questa trekkinata decidiamo di esplorare una parte decisamente molto wild del Parco del Beigua, ovvero la Val Gargassa, che deve il suo nome all’omonimo fiume. Per iniziare la nostra escursione dobbiamo portarci nei pressi del campo sportivo “Roberto Tognocchi”, in località Gargassino di Rossiglione, che raggiungiamo seguendo un bivio sulla sinistra una volta oltrepassata la piccola cappella dedicata a San Bernardo, sulla via per Tiglieto.
Lasciata l’auto nell’enorme spiazzo adiacente al campo da calcio iniziamo a seguire la segnaletica del Sentiero Natura, ovvero due X gialle, che ci portano a superare una staccionata in legno costeggiando sulla destra le tribune. L’ambiente circostante è fortemente caratterizzato dalla presenza del fiume da un lato e da numerosi castagni, querce e aceri montani dall’altro. Entrati di fatto all’interno del bosco, il sentiero corre lungo il letto del torrente, quasi a lambirne le acque, piegando diverse volte su alcuni brevi saliscendi che ci consentiranno di contornare un paio di piccole frane. L'atmosfera si presenta subito come molto suggestiva e scenografica, con l'imponente presenza dei conglomerati oligocenici del Rio Gargassa. Tale formazione geologica, propriamente detta “a Molare”, prende il nome dal piccolo comune in provincia di Alessandria, non molto distante da dove siamo noi ora, ed è figlia del più significativo scontro tra le masse continentali africana ed europea avvenuto circa 40 milioni di anni fa, segnando inesorabilmente la definitiva emersione della catena montuosa alpina.
Uno dei più spettacolari esempi della formazione di Molare è l’ormai famoso "Fungo di Piana Crixia”, una particolare forma morfologica alta una quindicina di metri di cui vi abbiamo raccontato in una precedente trekkinata (vol VIII - I Gunfiâ Gàgge). Proseguendo sull’itinerario, costeggiamo il torrente fino a raggiungere una gola circondata dalle serpentiniti, il cui fondo è anche lo stesso che andremo a calpestare. In questo frangente il sentiero è protetto con ringhiere di legno, un pochino ammalorate, ma ancora fruibili. Sorpassato un traverso attrezzato con catene, la via ritorna ad essere più comoda e pianeggiante.
Ed è in questo tratto che si presenta la possibilità di potersi allungare su alcune diramazioni seminascoste dalla vegetazione che consentono di raggiungere delle piccole anse sassose presso le quali bagnarsi i piedi nelle fredde e trasparenti acque del Gargassa è rigenerante; imbattersi nella fauna fluviale è cosa facile: pesci di varie specie e alcune ranocchie sono sempre in cerca di succulenti insetti.
Proseguendo oltre, la via costeggerà una recinzione delimitante l’area di proprietà dell’azienda agricola Monterosso, i cui prodotti - salumi e formaggi di capra - rientrano tra le eccellenze della linea “Gustosi Per Natura”, promossa dall’Ente Parco del Beigua. L’entrata dell’agriturismo resta però dalla parte opposta dell’anello, ve la indicheremo più avanti.
Attraversiamo quindi un piccolo boschetto e, superato un ponticello in legno, entriamo nel più profondo conglomerato. Anche la verdeggiante flora locale risente di questo cambio habitat: ripidi costoni rocciosi, su cui crescono radi pini, prendono il posto del bosco, mentre l’acqua rallenta il suo corso e le cascatelle riempiono i bacini di alcuni laghetti. L’ultimo tratto del canyon è il più scenografico, ma anche il più impervio; sarà da qui in avanti che dovremo percorrere tratti discogliera protetti da ringhiere in legno e un altro paio di traversi attrezzati con catene metalliche. Terminato questo segmento escursionistico classificabile come EE, arriviamo nei pressi di una grande ansa del torrente dove svetta imperiosa la rocca denominata “Môro do gàtto” (muso di gatto), una specie di torrione di conglomerato che deve il suo nome al curioso profilo che sino agli anni ‘80 lo faceva rassomigliare molto a quello di un felino. Un’evidente frana ne ha significativamente modificato i lineamenti ed oggi assomiglia a tutto fuorchè ad un gatto.
Traccia alla mano guadiamo il torrente dove affiorano alcuni massi, imboccando il sentiero sul versante opposto che piano piano si allontana dal corso d’acqua.
La salita repentina ci permette di innalzarci di quota per un breve tratto, dandoci la bieca illusione di abbandonare definitivamente l’ambito fluviale. In questa zona ci imbattiamo nel giglio rosso, altrimenti detto “Giglio di San Giovanni”, la cui splendida fioritura avviene verso la fine giugno, in concomitanza con la celebrazione del santo, che avviene il 24 del mese. Dopo qualche decina di metri il sentiero ci riporta sul letto del torrente, obbligandoci al secondo importante guado, che conduce alla piana di case Veirera, antico insediamento rurale dove, con ogni probabilità, in tempi remoti, si lavorava il vetro. L’edificio più grande è stato recentemente ristrutturato e trasformato in rifugio dal comune di Rossiglione, con il sussidio del Parco del Béigua.Da questo punto in poi cambia la segnaletica, le due X gialle lasciano il posto ad un cerchio giallo barrato che ci accompagnerà lungo tutta la deviazione verso la sorgente sulfurea. Passando in mezzo ad un paio di case, proseguiamo diritti seguendo le indicazioni per raggiungere la sorgente, segnalata a 600 metri di distanza dal rifugio.
Una mappa del parco ci fa ben capire l’itinerario da seguire; segnaliamo due importanti bivi: il primo in concomitanza della confluenza del Rio Sorie nel Torrente Gargassa ed il secondo poco prima della sorgente sulfurea, successivamente indicata da un mucchietto di pietre e riconoscibile dalla caratteristica colorazione ferruginosa.
Questa variante all’anello ci porterà via una trentina di minuti: ma ne vale la pena? Diciamo che non impreziosisce più di tanto l’itinerario ma già che si è in loco, andateci!
Ritornati alla località Veirera prendiamo la sinistra seguendo le indicazioni del Sentiero Natura ed il segnavia tre pallini gialli. Poco prima di rientrare nel bosco si solcano i terrazzamenti di un vecchio edificio ridotto in rovina e si guada un piccolo rio, risalendo un erto pendio.
Il bosco si dirada e riappare dinnanzi a noi la maestosità del grand canyon, delineando le forme della Rocca Giana e della Rocca da Crava.
L’habitat fluviale e roccioso è assai favorevole per la nidificazione di varie specie di rettili, come per esempio il colubro lacertino ed il ramarro occidentale, ma anche di varie specie di uccelli che si nutrono di questi piccoli animali.Questo è il regno del Biancone, un rapace molto simile all’aquila che si ciba quasi esclusivamente di serpenti, i quali di certo non mancano da queste parti.
L'Aquila dei serpenti, come spesso viene anche chiamato il Biancone per via della sua dieta specializzata, costituita per più del 90% da rettili, è un grande veleggiatore, capace di percorre decine di chilometri senza battere le ali, sfruttando le correnti termiche e di pendio.
Pensate che nel periodo della migrazione primaverile i territori sud-orientali del Parco del Beigua rappresentano per questa specie una sorta di passaggio quasi obbligato lungo la rotta che dall'Africa tropicale, attraverso Gibilterra, arriva all'Europa continentale. In particolare, intorno alla metà di marzo, la concentrazione di individui che transitano nel Beigua è nell'ordine delle migliaia.
La nostra salita si fa impegnativa ed il caldo non ci aiuta ad affrontarla senza dover tirare per forza il fiato. Alcune soste ci portano inesorabilmente ad ammirare l’arido panorama fino a raggiungere con lo sguardo un caratteristico arco di roccia localmente noto come “Barcun da Scignua”, ovvero il “Balcone della Signora”. Il costolone roccioso che ospita questo singolare foro verticale è la scogliosa Rocca dra Crava, 512 mt slm, raggiungibile in sommità attraverso un piccolo sentiero sassoso. Attraversiamo così una selletta caratterizzata da numerosi detriti la cui via è segnalata da alcuni ometti di fortuna. Risalendo in diagonale una ripida ascesa, lasciamo finalmente alle nostre spalle la sagoma appuntita della Rocca Giana.
Giunti così alla base della parete, la costeggiamo in piano, oltrepassando una cengia esposta sulla valle, guidati da un cavo metallico saldamente ancorato alla roccia. Ripreso il sentiero segnalato dai tre pallini gialli iniziamo la nostra discesa, orientando il restante cammino sul versante nord-ovest della Rocca dra Crava.
Torna così la vegetazione più fitta, caratterizzata da numerosi pini e piccoli arbusti tipici della macchia mediterranea, portandoci al cospetto di due rigagnoli semi asciutti che confluiscono poco più a valle nel rio Gargassa. Affronteremo ancora un leggero saliscendi prima di raggiungere un pianoro che si congiunge alla pista segnalata da un cerchio giallo pieno, innestandosi su di una direttissima proveniente dal non molto lontano Bric Belcante. Superato ancora un cancello teniamo la destra ed arriviamo nei pressi dell’ingresso dell’azienda agricola Monterosso, di cui vi abbiamo menzionato ad inizio articolo, dove poter fare qualche mirato acquisto: questo è il vero regno delle capre. Passando oltre incontreremo un altro bivio dove bisogna mantenere la sinistra, contornando l’area della Cascina Camilla, quindi si attraversa un ulteriore cancello e, continuando lungo una mulattiera sconnessa ritorniamo presso il campo sportivo.
Route in Zahlen
h 2:30
Reisezeit
7,30 Km
Pfadlänge
190 mt
Höhenunterschied