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Museo Archeologico del Finale

Iniziamo questo nuovo capitolo di Due Zaini e Un Camallo partendo da un'esperienza; vi chiederete immagino il perchè!
Vogliamo rendervi partecipi del nostro punto di vista e saremo sinceri nel dirvi che lo facciamo per semplificarvi le cose visto che per noi non è stato così.
Questo numero abbiamo voluto iniziarlo proprio come noi avremmo voluto improntare la nostra esperienza sul territorio della Region, per capire meglio ogni aspetto legato alla storia che si cela dietro ogni singolo percorso del Finalese.
Abbiamo camminato in lungo e in largo per i sentieri del comprensorio esplorando grotte, trovando incisioni rupestri, scovando pietre lavorate e resti di villaggi ormai abbandonati, senza avere un filo temporale a cui aggrapparci per capirci qualcosa.
Le risposte sono tutte racchiuse nel Museo Archeologico del Finale, vera chiave per trovare risposta a tutte le nostre domande. Perciò, amici miei, prendetevi un paio di ore di tempo (dovrebbero bastare) e scoprite questa meraviglia, anche insieme ai vostri bimbi che, come Carolina, si troveranno coinvolti nell'atmosfera museale grazie alle numerose attività proposte lungo la visita dell'area espositiva.
Prima di iniziare il tour ci viene consigliato l'utilizzo dell'audioguida, reperibile gratuitamente scansionando il QR Code riportato al desk di accoglienza, dove facciamo il biglietto. Per farvi immergere nell'atmosfera storica ed incuriosirvi rispetto a ciò che vi stiamo per raccontare, ve lo riportiamo anche noi qui a fianco. La prima sala del Museo che incontriamo Chiara, Carolina ed ioè dedicata a “La formazione del territorio e la comparsa dell’Uomo". Il percorso che ci si presenta davanti è un susseguirsi di pannelli che ci guidano lungo un viaggio alla scoperta del territorio in cui ci troviamo, per scoprire i fenomeni geologici che hanno caratterizzato quest'area della Liguria di Ponente. Finalmente apprendiamo scientificamente come si è formata la così tanto nominata Pietra di Finale - una vera rarità geologica - che incontreremo spesso nelle aree che trekkineremo nel corso delle pagine, e che ha dato origine alla maggior parte delle cavità abitate nella Preistoria e Protostoria.
Originatasi circa 15 milioni di anni fa dalla sedimentazione di un fondale marino, in molte delle sue dislocazioni, conserva al suo interno grandi quantità di resti faunistici dell’ambiente sommerso e alcuni resti vegetali. In questa roccia gli organismi marini si sono trasformati in fossili dandoci la possibilità di capire come si sviluppava la vita in mare decine di milioni di anni fa.
Un'altra caratteristica geologica del Finalese è l'elevato carsismo che ha favorito, fin da epoche molto remote (350.000 anni fa), l’insediamento umano. Qui Carolina comincia a fare molte domande e per noi non è semplice affrontarle tutte insieme. Imparare giocando risulta la scelta migliore!
Nelle settimane precedenti alla visita al museo siamo stati con lei
alla Grotta Pollera e ci agganciamo a quell'escursione per farle
cogliere gli aspetti più pratici della nascita dell'uomo sulla Terra.
Diciamo che i cartoni animati che vede in cui dinosauri e uomini
convivono sulla Terra, non ci aiutano molto a scindere bene le
epoche, ma ha solo tre anni, e a noi va benissimo così!Le più significative tracce dell'Uomo preistorico in Liguria, infatti, sono state rinvenute proprio nelle grotte e nelle caverne. I reperti trovati dagli archeologi di tutte le epoche all’interno delle cavità naturali costituiscono, infatti, l'archivio di quanto si è deposto nel corso del tempo, conservando fino a noi le tracce della presenza umana. L’elevato numero di grotte presente nel Finalese ha reso questo territorio un punto di riferimento per la ricerca preistorica a livello mondiale ed il Muse Archeologico ne è forte testimonianza.Percorriamo ora le sale II - III - IV ricoprendo un ampio arco temporale, passando da circa 400 mila a 10 mila anni fa. Il Finalese si conferma una delle poche aree italiane a fornire molteplici testimonianze relative alle diverse specie umane che si sono susseguite nel tempo. Una concentrazione di reperti molto alta interessa il Paleolitico inferiore e quello superiore dove, a farne da padroni, sono quelle tribù dedite alla caccia e alla raccolta di vegetali e frutti; è ancora presto per parlare di allevamento e agricoltura.
La lenta evoluzione della tecnica di scheggiatura della pietra viene proposta all'utente anche tramite raffigurazioni, manichini e cartelli illustrativi. Carolina si sofferma stupita nel vedere come venivano lavorate le pelli e, tramite un allestimento con cui può interagire, prova lei stessa con mano a passare una sorta di pietra levigata su un drappo sintetico che ricorda una pelliccia: "guardami papà che mi faccio il mantello"!
A fianco dell'installazione troviamo una riproduzione dell'Homo heidelbergensis vissuto nel Paleolitico inferiore di cui si sono reperite e classificate tracce provenienti dall’Altopiano delle Mànie e dalla Caverna delle Fate. Da numerosi scavi effettuati in queste Arme, sono emersi ulteriori importanti tracce appartenenti al processo di evoluzione della specie umana, ovvero l’Uomo di Neanderthal; vissuto nel corso del Paleolitico medio tra i 120mila e i 38mila anni fa, di questo nostro antenato sono state restituite dall’Arma delle Mànie e dalla Caverna delle Fate, i resti ossei di almeno cinque individui, sia bambini che adulti. E' proprio in questo periodo che prende vita la figura dell'uomo cacciatore (ma anche uomo preda) con la comparsa dell’orso delle caverne, di cui troviamo esposta sia la ricostruzione completa dello scheletro di un grande esemplare, sia la riproduzione plastica nell'antro della grotta delle Fate.
La continua evoluzione della specie ci porta ben presto ad incontrare l'Uomo moderno, il nostro più immediato progenitore.
Nelle teche troviamo via via altri strumenti rupestri, ricavati con l'impiego di tecniche più precise e dettagliate, ed emergono le prime sepolture. Siamo ora resi partecipi dei recuperi di inumazioni provenienti dalla Caverna delle Arene Candide, tra cui spicca il ritrovamento del “Giovane Principe”, datato 24mila anni fa. (In questo museo è presente un calco, ma l'originale lo abbiamo potuto vedere di persona al museo di Villa Durazzo a Genova). Questa sepoltura è così chiamata per il ricco insieme di oggetti che accompagnò il ragazzo nell'aldilà: un copricapo di conchiglie, quattro bastoni forati ricavati da palchi d’alce, una grande lama di selce stretta in una mano e vari ornamenti in avorio di mammut.Passiamo ora alle sale V e VI nelle quali ci avviciniamo ai giorni nostri giungendo al periodo compreso tra il 5.800 ed il 3.600 a.C..
E' proprio in questa era che l'uomo inizia a relazionarsi con l'ambiente che lo circonda.Nascono così l’agricoltura e l’allevamento e tutte quelle attrezzature, frutto di esperimenti, che hanno permesso all'uomo di svolgere tutte le attività atte a migliorare il suo stile di vita. La tecnologia del tempo vede l'uomo protagonista di nuove produzioni artigianali come la ceramica, la tessitura e l'implementazione di strumenti in pietra levigata sempre più congeniali. Anche la maggior parte delle testimonianze di questo periodo si sono conservate nelle caverne del Finalese.
Nelle sale sono esposti numerosi esempi della produzione ceramica che vediamo molto velocemente in quanto a mia figlia non interessano per nulla. Curiose sono alcune asce in pietra levigata utilizzate per la caccia e alcune macine destinate alla preparazione di farine di cereali.
Tra gli oggetti di maggiore interesse sono senz’altro da segnalare una serie di statuine in terracotta che riconoscono l'Uomo del Neolitico quale adoratore di culti
pagani connessi all’idea della
crescita e della rinascita
della vita vegetale attraverso
la “Terra Madre”. Queste
statuine femminili erano
rivolte a propiziare la
fertilità del terreno e la
fecondità delle greggi.
Subito ci sovviene l'immaginedella famosa Pachamama, la donna prosperosa e feconda che simboleggia la Madre Terra per le popolazioni dell'America Meridionale.
Presso il Riparo di Pian del Ciliegio è stato rinvenuto un cilindro di terracotta la cui superficie esterna presenta una serie di incisioni lineari, ortogonali tra loro a formare caselle quadrate. In otto di esse vi è un punto impresso prima della cottura in "forno". Si tratta di un oggetto enigmatico, finora unico nel Neolitico italiano che potrebbe rappresentare il primo passo verso la scrittura.Sala numero VII, l'Età dei Metalli. Giungiamo sempre più arricchiti ai giorni nostri, ripercorrendo l'evoluzione tecnica che ha interessato lo sviluppo di attrezzature impiegate dall'Uomo nel suo quotidiano. In questa era gli archeologi distinguono tre differenti periodi, che prendono il nome dal metallo prevalentemente utilizzato in ciascuna fase: l’età del Rame, che in Liguria si sviluppò tra 3600 e 2200 anni a.C., l’età del Bronzo che va dal 2200 al 900 a.C., e l’età del Ferro, dal 900 al 180 a.C..
In particolare ci soffermiamo sull’organizzazione sociale che si andò a creare instaurando vere e proprie strutture gerarchiche tra le tribù, che divennero poi comunità.
Si delinearono così sempre più diverse identità etniche, fortemente legate a precise aree: nella nostra zona emerse un nuovo popolo: gli antichi Liguri. Nelle teche troviamo decine di materiali archeologici di questi periodi, ritrovati in alcuni siti del Finalese, tra cui la Grotta del Varà e Sant’Antonino di Perti. Da questo sito sono emersi diversi oggetti in bronzo, soprattutto ornamenti, ma anche punte di freccia e lesine, arnesi ricurvi e acuminati per forare il cuoio, dimostrando un’ampia e consolidata diffusione dei prodotti metallici.La terz'ultima sala che esploriamo è incentrata sull’età romana, che nella zona ha inizio con la definitiva sconfitta delle tribù liguri nel 180 a.C. Ci spostiamo, oltre che per epoca anche per località, raggiungendo le necropoli rurali di Isasco e di Perti, oltre che nella val Ponci, dove il sentiero dei Ponti Romani ripercorre gran parte della via consolare Iulia Augusta. Sono presenti numerosi materiali riconducibili a corredi funerari di tombe a cremazione o ad inumazione, ma troviamo anche ceramiche grezze di produzione locale, lucerne, balsamari in vetro, chiodi rituali e oggetti appartenenti all’ornamento personale dei defunti.
La graduale affermazione a partire dal IV-III secolo a.C. di una economia monetaria si riflette nei numerosi reperti numismatici, che esordiscono con monete puniche provenienti dalla Sicilia, dalla Sardegna e dal Nord Africa rinvenute anch'esse nella zona di Perti.
Grande importanza per la diffusione del Cristianesimo nell’Italia settentrionale riveste l’epigrafe funeraria di Lucius Helvius, graffitata su una tipica tegola ad alette. Rinvenuta a Perti e riconducibile al 362 sulla base dell’indicazione del console, essa costituisce la più antica attestazione datata della diffusione del Cristianesimo nell’Italia nord-occidentale.
I materiali rinvenuti nel Castrum di Sant'Antonino, in particolare le anfore e le ceramiche da mensa, documentano i rapporti che univano questo questo luogo al Nord Africa e ad altre aree del Mediterraneo controllate dall’Impero di Bisanzio.
Dalla chiesa di S. Lorenzo di Varigotti proviene invece un sarcofago romano strigilato in marmo bianco, rilavorato nella seconda metà dell’VIII secolo con croci gigliate, significativo esempio delle tecniche artistiche altomedievali.Giunti quasi all'epilogo del nostro salto nel passato, percorriamo la sala IX, che vuol testimoniare la grandezza del Finalese durante tutto il Medioevo, fortemente caratterizzato dal dominio feudale dei marchesi Del Carretto durato fino al 1602.
Importanti reperti risalenti all'XI, XII e XIII secolo, dimostrano i rapporti marittimi del Finale con molteplici aree mediterranee. Carolina corre verso un display interattivo per ricomporre un puzzle virtuale "costringendoci" ad aumentare il passo! Non le diamo tutti i torti, i giochi sono sempre un'attrattiva. Citiamo ancora, tra le altre testimonianze presenti in questa sala, il “reposadero de Tinaja”, rinvenuto durante gli scavi di Piazza Santa Caterina a Finalborgo e finora unico in Italia, che costituisce un eccezionale reperto riconducibile alla ritualità della casa dell’Andalusia islamica. La sua presenza nell’ambiente abitativo in cui fu rinvenuto rimane per molti versi ancora misterioso.
Accanto ad esso, la presenza di numerosi reperti in metallo e osso, consentono di cogliere i modi di vestire dell'epoca, mentre gli oggetti della vita quotidiana, le armi, il lavoro, il gioco medievale, ci permettono di immaginare lo svolgimento della quotidianità.
L’esposizione comprende inoltre i reperti dell’Età moderna, quando - a partire dal 1602 - il Finale divenne un possedimento della Corona di Spagna e, dal 1713, fu inglobato dalla Repubblica di Genova sotto il cui dominio rimase fino all’annessione nel 1815 al Regno sabaudo.
L’ultima sala del percorso espositivo è dedicata all’evoluzione delle monete, che riflettono un’espressione della crescente complessità sociale, che ha caratterizzato l’evoluzione dell’uomo dall’Antichità ad oggi, segnando il passaggio da scambi di beni basati sul baratto all’economia di mercato.
L'impostazione delle sale, il susseguirsi di elementi che richiedono una partecipazione da parte dei più piccini e la ricchezza dei reperti, fanno si che questa esperienza possa essere piacevole e curiosa, per poter trascorrere dalle due ore di tempo, sino ad un intero pomeriggio.
Uscendo dal museo però, per premiare la compostezza della piccola Carolina e per gustare un prodotto decisamente contemporaneo, ci siamo concessi un buonissimo gelato presso il Bar Centrale di Finalborgo, eccellenza locale.
Per poter organizzare visite guidate, lezioni con proiezione multimediale o interessanti laboratori di Archeologia sperimentale, è possibile contattare direttamente il museo all'indirizzo mail: didattica@museoarcheofinale.it

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