La via dei Mulini
Castelnuovo Magra
Per compiere l'itinerario odierno ci spingiamo fino all'estremità più ad est del levante ligure, ai confini con la Toscana, raggiungendo il borgo storico di Castelnuovo Magra.
Il suo meraviglioso skyline, che domina indiscusso dall'alto del colle Bastione, pone ben in evidenza la maestosità della torre medievale e del relativo castello. Questa sua particolare caratteristica, fin da subito, ci fa desumere come in passato questo luogo potesse aver assunto un ruolo fondamentale nel controllo delle terre circostanti, fungendo da zona di avvistamento e difesa.
Noi inizieremo il nostro itinerario alla scoperta dei boschi limitrofi proprio partendo dal centro storico del borgo, discendendo, in un secondo momento, verso la valle del rio Bettigna, anch'essa ricca di natura e di storia.
Come accennato poco sopra, il castello-palazzo Vescovile di Luni, questo il suo nome, è la più evidente opera architettonica del centro storico, riconoscibile da lontano grazie alla sua Turris Magna, mastio del sistema difensivo.
Progettata come dimora signorile nel corso del XIII secolo per volontà del vescovo Enrico da Fucecchio, subì un cambio di destinazione d'uso durante la dominazione fiorentina e quella genovese, tra il XV e XVI secolo, adattandola a fortilizio militare per mere esigenze difensive.
Tra queste mura, nell’Ottobre del 1306, il sommo poeta Dante Alighieri stipulerà, in qualità di procuratore di Franceschino Malaspina, un atto di pace tra i marchesi e il vescovo-conte di Luni, Antonio da Camilla, che successivamente sarà conosciuta come "La Pace di Castelnuovo". L’evento è testimoniato da due atti notarili, conservati oggi presso l’Archivio di Stato di La Spezia.
Il documento, data la pregevolezza e l'eleganza con le quali venne redatto, fece avanzare nel tempo la sempre più fondata ipotesi che non fosse comune opera di un notaio, bensì che ponesse in evidenza il tratto inconfondibile dello stile dantesco; tesi sposata soprattutto vista l’elaborata struttura formale della prosa latina, inusuale al tempo per il tipo di atto.
Chiusa questa doverosa parentesi, torniamo al periodo in cui cessò l'autorità della Repubblica di Genova sul territorio e che vide la roccaforte cadere repentinamente in disuso, divenendo principale sito di approvvigionamento di materiali edili, molto utili per la costruzione delle case del borgo; alcune note evidenziano persino quando, in epoca recente, venne concessa l'autorizzazione per prelevare materiale costruttivo per la realizzazione di parte del coro della Chiesa di Santa Maria Maddalena, la parrocchiale del comune: siamo addirittura agli inizi del XIX secolo. Oggi restano in piedi e restaurate la grande torre merlata e la più piccola torre circolare, oltre che ad una fascinosa porzione di mura.
Da Piazza Matteotti ci dirigiamo verso la sottostante via Tra Le Mura e discendiamo verso sud, seguendo la segnaletica del CAI, riportante il numero 302 prima, e 309 poi, in direzione frazione Vallecchia.
La prima parte di questo sentiero si sviluppa in discesa, attorniata da fitta vegetazione verdeggiante, tipica dei versanti adiacenti ai torrenti. Lungo le sponde del torrente Bettigna, il fiume che interessa il nostro itinerario, alcuni antichi mulini e frantoi sono forte testimonianza di un'epoca in cui gli abitanti della zona erano fortemente legati al sapiente lavoro nei campi e ai cicli produttivi di grano, cereali e olive.
La via è semplice e ben marcata, il gorgoglio dell'acqua ci tiene compagnia, mentre riconosciamo alcune varietà di erbe spontanee, come Tarassaco e Sambuco.Dopo aver partecipato alle uscite con Francesca Magillo (vedi l'articolo dedicato) siamo ferratissimi sull'argomento!
Grazie alla sua ricca portata d'acqua, in passato questo torrente alimentava un'ampia serie di mulini, che incontreremo di qui a poco.
Trascorsi solamente 20 minuti di cammino ecco il primo macinatoio che si presenta alla nostra destra in pessimo stato di conservazione: un cartello ne evidenzia il pericolo di crollo.
Da alcune grate però è possibile farsi un'idea di come erano organizzati gli ambienti nei quali si macinavano il granoturco, le olive e vari tipi di cereali, tramite delicate operazioni di schiacciamento che avvenivano mediante la rotazione di due grosse macine in pietra.
Anticamente chiamati anche mulini a palmenti, per via della tecnica di macinatura usata, essi offrivano la possibilità di ottenere eccellenti risultati in termini di polverizzazione delle farine, garantendo ai proprietari ottimi profitti.
Questi mulini, azionati dalla forza impetuosa delle acque che mettevano in moto le ruote, erano il fulcro della vita contadina del passato; tutto il comprensorio, che basava la sua economia sull'agricoltura, si recava in questa valle per trasformare il proprio grano in farina, o ancora il proprio raccolto di olive in pregiato olio. Dismesso e abbandonato, questo primo mulino offre l'opportunità di scorgere - sempre attraverso le aperture - i vecchi ingranaggi lignei e le cisterne in pietra, le macine e le carrucole impiegate nei cicli di lavorazione, aumentando il loro grande valore di testimonianza storica.
Alla fine del Settecento, si narrano le vicende della famiglia Tosini di Ortonovo, che optarono per convertire la loro vita di macellai ambulanti in quella di mugnai, investendo denari in questa attività, fino a diventare esperti produttori di lavorati.La loro passione ed il loro impegno li vide anche intraprendere il mestiere di inventori di ingranaggi per far meglio funzionare le macchine per le macine e per i torchi, introducendo la loro famiglia ad una fiorente e redditizia attività commerciale.
Percorsa la mulattiera fino ad oltrepassare un ponte in pietra sul rio, due sono le opzioni che ci si presentano davanti: alla nostra destra, poco oltre un cancello in ferro, è possibile ammirare la cascatella detta del Traata, mentre, sul versante opposto, è possibile raggiungere la ben più conosciuta cascata del Traaton.
Seguendo l'onda del furore mediatico, senza incappare in delusioni di sorta, optiamo per dirigerci prima a destra e poi a sinistra.
Basterà poco per restare stupiti davanti al magnifico salto d’alveo che da origine alla cascata del Traaton, la più grande di quelle formate dal Bettigna.
Pareti di roccia ricoperte di muschio, profumi di foresta e fragore delle acque ci fanno sentire come piccoli esploratori intenti a districarsi tra le leggendarie foreste pluviali dell'Amazzonia.
Indescrivibile davvero la bella sensazione che ci pervade. Tornare sui nostri passi è d'obbligo per proseguire sull'itinerario; teniamo quindi la sinistra e, restando sulla mulattiera, oltrepassiamo un ponte sospeso, chiamato simpaticamente "Traaton Bridge" e ci inerpichiamo in salita verso la sommità della cascata - una corda segnala il pericolo di scivolamento qualora ci si volesse spingere per osservare lo sbalzo dall'alto (altamente sconsigliato). Da qui in poi costeggiamo la sponda orografica sinistra del Bettigna, oltrepassando un'area pic-nic attrezzata con panche e tavoli.
Dieci minuti di cammino ulteriori, meno forse, ci portano ai piedi di un complesso architettonico rurale di notevole impatto scenico. Una serie di costruzioni in pietra inglobate nella fitta vegetazione è ciò che resta di un altro mulino, quello detto "Soprano".
La costruzione imponente è suddivisa in diversi livelli presso i quali sono riconoscibili ancora l'ingresso, l'area di stoccaggio, i canali di scolo, le macine, le ruote in pietra, la pressa, l'ingresso della presa ed il bottaccio.
Un pannello descrittivo ci guiderà ad una sommaria visita, in quanto anche qui si è interdetti ad entrare - le possibilità ovviamente ci sono - fate solo molta attenzione.
Prima di dirigerci oltre la costruzione, che ci vedrà inerpicare tra due tornanti, ci spingiamo verso il corso del torrente, scoprendo la terza cascata del percorso, quella denominata del Soprano, con puro riferimento all'adiacente mulino.
Saltellando su alcune pietre raffioranti dagli specchi d'acqua, ritorniamo indietro, per dirigerci alla ricerca di un altra cascata, quella detta della presa, ultima del nostro percorso.
Ai piedi della pozza prospiciente la cascata, a nostro avviso il luogo più intimo del percorso a livello naturalistico, vi è la canalina di presa, che servì da imbocco per l'alimentazione del mulino Soprano. Probabilmente è proprio in questo frangente che ci balena in testa l'idea di aver compiuto l'anello al contrario, ma tant'è, arrivati a scrivere sin qui e voi a leggerci fin qui, vi toccheràil nostro stesso destino.
Qualora invece foste dei tipi precisi, e fosse vostra intenzione effettuare il giro nel senso giusto, iniziate pure a leggere l'articolo dal fondo!
Rimanendo sul sentiero 309 e, serpeggiando tra la fitta vegetazione, che in alcuni casi crea dei veri e propri tunnel naturali, finiamo per intersecare una carrareccia sterrata che continueremo a percorrere per quasi 300 metri, per poi imboccare un nuovo sentiero sulla sinistra.
Siamo giunti ormai al nostro giro di boa che ci porterà a percorrere tutto il settore nord est dell'itinerario guadando ancora tre piccoli rii che confluiscono nel Bettigna.
Un piccolo sforzo ancora e raggiungiamo lo spazio cimiteriale di Castelnuovo Magra, da dove possiamo goderci un bellissimo panorama sul borgo (foto di apertura articolo); da qui in poi la risalita avverrà su asfalto, senza mai perdere di vista la torre merlata, che raggiungeremo di li a poco, dandoci modo di recuperare l'auto e terminare l'escursione.
Route in Zahlen
h 1:30
Reisezeit
4,30 Km
Pfadlänge
130 mt
Höhenunterschied