Percorsi Letterari - Italo Calvino
Sanremo - Corso Cavallotti, presso Villa Ormond
Come vi avevamo preannunciato in apertura di questo numero insieme all'intervento della dott.ssa Laura Guglielmi, ora ci focalizzeremo sul percorso letterario dedicato ad Italo Calvino da lei ideato, nella città dei fiori per antonomasia, Sanremo. Prima di affrontare questo itinerario e per poter godere appieno di quest'esperienza, vi consigliamo la lettura del libro dedicato: Italo Calvino, Sanremo e Dintorni edizioni "Il Palindromo". Noi abbiamo percorso Sanremo con questo libro sotto il naso e leggerne i paragrafi ci ha permesso di accostare la sua visione di un tempo passato allo stato odierno, facendo riaffiorare nel nostro intimo quella magia e quella piacevole nostalgia del "Bello" che solo i grandi autori come Calvino riescono a infondere.
Il consiglio è quello di lasciarvi trasportare dalle emozioni che affiorano, da un'esperienza fatta di parole, richiami al passato e circostanze che ad ogni passo toccano corde dell'anima che arricchiscono cuore e mente.
Una trekkinata che vi farà riscoprire un uomo che è stato, per il Novecento italiano, un'icona, divenuto in seguito il più grande scrittore italiano della sua epoca.
«Mi chiamo Italo Calvino. Sono nato a Sanremo… Sono tanto nato a Sanremo che sono nato in America, perché una volta i sanremesi emigravano molto in America, soprattutto in America del sud. […] Mio padre, appunto, stava in America e appartiene alla categoria dei sanremesi che sono tornati: è tornato poco dopo la mia nascita, e ho vissuto a Sanremo i primi venticinque anni della mia vita, ininterrottamente».
(intervista di Nico Orengo, 1979).
Inizia così, da Corso Cavallotti, la nostra giornata con Calvino.
Una premessa doverosa al fine di rimarcare l'indissolubile legame con la città di Sanremo, sempre presente, seppur in modo invisibile, la troviamo qui.
«San Remo (ndr. scritto staccato) continua a saltar fuori nei miei libri, nei più vari scorci e prospettive, soprattutto vista dall’alto, ed è soprattutto presente in molte delle Città invisibili. Naturalmente parlo di San Remo qual era fino a trenta o trentacinque anni fa, e soprattutto di com’era cinquanta o sessant’anni fa quando ero bambino».
(intervista di Maria Corti, 1983)
Per raggiungere la prima tappa dobbiamo percorrere pochi metri e svoltare su via delle Magnolie, dove troviamo l'omonima villa, sede dell'istituto scolastico distaccato del Liceo classico "G.D. Cassini'. Ciò che troviamo oggi è il risultato di una serie di modifiche apportate all'originario villino edificato a metà degli anni '50 dell'Ottocento, per conto del marchese Eugenio Dufour. Una villa importante che passò di mano in mano a vari esponenti della nobiltà fino al 1928, quando si convertì a sede scolastica: qui Italo Calvino frequentò per un anno (1928) l’asilo infantile. Attraversato il cortile esterno del plesso, sbuchiamo in un'adiacente via che, essendo chiusa, ci obbliga a tornare sui nostri passi e a percorrere nuovamente Corso Cavallotti. Da qui entriamo nel parco di Villa Ormond, che, se vi ricordate bene, ci vide protagonisti, nel settembre 2021, della presentazione del secondo numero delle nostre riviste: Preponentemente Liguria.
La villa attualmente è sede di importanti mostre e convegni ed ospita gli uffici dell'Istituto Internazionale di Diritto Umanitario, ossia un organismo indipendente e senza fini di lucro il cui obiettivo è quello di promuovere l'applicazione, lo sviluppo e la diffusione dei principi del diritto umanitario, fornendo nello stesso tempo un concreto contributo alla salvaguardia e al rispetto dei diritti dell'uomo nel mondo. Il parco, invece, è pubblico e liberamente accessibile, vantando ambienti vegetali molto vari, dal palmeto ai cedri, dai ficus imponenti fino alla zona "Giapponese“ , ispirata alla filosofia Zen, frutto del gemellaggio con la città
di Atami, paese sito nella regione Chūbu della prefettura Shizuoka, nella zona centrale dell'isola
nipponica.
«Tutto era così bello: volte strette e altissime di foglie ricurve d’eucalipto e ritagli di cielo […] Ma l’ombra dei grandi alberi a un certo punto finiva e si trovarono sotto il cielo aperto, di fronte ad aiole tutte ben ravviate di petunie e convolvoli e viali e balaustrate e spalliere di bosso. E sull’alto del giardino, una grande villa coi vetri lampeggianti e tende gialle e arancio. (Il giardino incantato)».
Percorriamo solo una piccola parte di questo meraviglioso parco, avendolo già esplorato in passato, aggiriamo l'edificio dedicato al Museo Del Fiore e usciamo dal cancello centrale, in prossimità delle strisce pedonali. Attraversando la strada, davanti a noi, ecco i Giardini Nobel, anch'essi visitabili gratuitamente. Dobbiamo sottolineare che questo spazio pubblico è davvero ben
tenuto e pulito, valorizzandone così maggiormente l'eleganza con la quale venne concepito. L'occhio cade obbligatoriamente sulla fontana centrale, attorniata da numerosi putti, che mostrano le loro nudità al verde lussureggiante delle palme. Intitolati ad Alfred Nobel non a caso, questi giardini distano pochi passi dalla casa nella quale il genio svedese visse in solitudine per 6 anni, lavorando a numerosi brevetti. Cosa dite? Ci andiamo?
E così, per la modica cifra di 7 euro, acquistiamo il biglietto e usciamo brevemente fuori tema! Villa Nobel, costruita a fine Ottocento, presenta ancora numerosi arredi originali, dando modo al visitatore di visionare il laboratorio dell'inventore della dinamite, con la ricostruzione dei suoi ambienti di lavoro e le foto che mostrano come si svolgevano i suoi più celebri esperimenti. La visita continua poi al piano terra e altre due piani superiori, dove vi sono alcuni pregevoli affreschi oltre che uno studio e la camera da letto padronale.
Usciti dalla villa, aggiriamo l'angolo nord ovest dei giardini, e proseguiamo attraversandoli fino ad incontrare il cannone utilizzato da Nobel per i suoi esperimenti (per la felicità dei vicini) ed il cancello sud della proprietà. Solitamente non è utilizzabile ma la fortuna ci assiste sempre e, grazie ad alcuni operai manutentori, solo dopo aver fatto veder loro il biglietto del museo, ci immettiamo nella ciclo-pedonale. Ci sentiamo un po' Giovannino e Serenella alle prese con le corse sulla ormai dismessa strada ferrata. «[…] I binari erano lucenti e caldi che scottavano. Sulla strada ferrata si camminava bene e si potevano fare tanti giochi: stare in equilibrio lui su un binario e lei sull’altro e andare avanti tenendosi per mano, oppure saltare da una traversina all’altra senza posare mai il piede sulle pietre. (Il giardino incantato)».Incontriamo così il terzo pannello del percorso che ricorda quando, il 25 gennaio 1872, si celebrò la solenne cerimonia di inaugurazione della nuova linea ferroviaria Genova–Ventimiglia che perdurò nel tempo sino al 2001, quando il binario unico che passava lungo la costa fu spostato a monte e raddoppiato. Oggi è possibile ripercorrere gran parte di quel percorso ferrato a piedi o in bici, godendo di panorami unici e invidiabili. Alcuni tratti della via, come ovvio che sia, si sviluppano attraverso delle gallerie, riqualificate ed illuminate a dovere. Questi tunnel vengono anche menzionati in un altro racconto di Calvino, interamente ambientato nello scompartimento di un treno; il titolo del racconto è "Avventura di un soldato" (1949) portato poi su pellicola dal celebre Nino Manfredi nel 1962, in un più complesso lungometraggio.La tappa 4 la incroceremo abbandonando per un momento la ciclo-pedonale, balzando oltre un chiosco/edicola, tra via Roma e corso Raimondo, ponendoci davanti ad un ormai simbolo della città rivierasca: la fontana "Zampillo". Ebbene, sino ad oggi per noi quest'attrazione non aveva un nome proprio, seppur già conosciuta da tempo. Con i suoi nove getti d'acqua, essa è menzionata dallo scrittore nel suo romanzo "Le città invisibili" del 1979, di cui vi riproponiamo questo estratto: «L’uomo che sa a memoria com’è fatta Zora, la notte quando non può dormire immagina di camminare per le sue vie e ricorda l’ordine in cui si succedono l’orologio di rame, la tenda a strisce del barbiere, lo zampillo dai nove schizzi, […] la traversa che va al porto. (Le città invisibili)». Tenete però presente che dobbiamo immaginare un paesaggio ben diverso da quello che vediamo oggi; seppur riferendosi alla sua cara città in modo invisibile, Calvino parla delle sue memorie di bambino, quando visse in Liguria nei primi anni del Novecento (foto sopra). La lettura del libro di Veronica Pesce e Laura Guglielmi aiuta molto ad immergersi in questa epoca, distraendoci dal caos che impera mentre ci avviciniamo al centro urbano. Per continuare oltre dobbiamo riattraversare la ciclo-pedonale e districarci su di una passerella, oltre le strisce zebrate, tra palazzoni anni '60. Oltrepassiamo così il torrente San Francesco su di un ponte in legno e, in rapida successione, sfioriamo le tappe 5 - 6 e 7, rispettivamente collocate presso l'Arenella, Piazza Sardi ed il Molo di Ponente. Siamo in una Domenica d'Aprile del secondo dopoguerra quando dei ragazzini, provenienti dalla Pigna, si avventurarono in una sfida esplorativa atta a raggiungere il bastimento (affondato nel 1943 dai tedeschi per impedire gli sbarchi da parte degli alleati) abbandonato dentro al porto, con il fine ultimo di recuperare qualche tesoro. La delusione li pervase quasi subito, rivelando un relitto squallido e poco interessate: «un brulicare di granchi ai margini dell’acqua, migliaia di granchi di tutte le forme e di tutte le età che ruotavano sulle zampe curve e raggiate, e digrignavano le chele, e sporgevano gli occhi senza sguardo» è il puro riferimento a "Il carico di granchi" presente nella raccolta "Ultimo viene il corvo", mostrando un allora ambientazione marittimo-naturale prettamente sospesa tra realtà e immaginazione. L'area portuale non fu però solo questo, fu anche svago e mondanità, come per esempio la "Botte di Diogene", un iconico bar così rinominato da Calvino per via delle fattezze a forma di botte, figlio della stravagante creatività dell'artista Renzo Orvieto che stazionò proprio a Sanremo aprendovi un prestigioso atelier. Un vero e proprio punto di ritrovo per marinai e militari alleati, installato davanti al passaggio a livello di piazza Bresca al tempo della ferrovia.
Ed è di Orvieto anche il monumento alla Resistenza collocato antistante il Forte di Santa Tecla,tappa numero 8, rappresentante un uomo seminudo con le mani legate a un albero, ripiegato in avanti dopo esser stato fucilato. Come Calvino anche Orvieto prese parte al movimento partigiano di liberazione nazionale. Vista la menzione, il forte di santa Tecla è, per dimensioni e storia, il più importante edificio di Sanremo. Esso venne costruito nei primi del Settecento dalla Repubblica di Genova al fine di creare un baluardo difensivo e, all'occorrenza, contrastare lo sviluppo dell'antica città matuziana.
Ma facciamo un passo indietro, anticamente Sanremo, o San Remo, era conosciuta come Civitas Matuciana; con l'avvento del Medioevo, in seguito alla morte di San Romolo (vescovo genovese vissuto intorno al IX secolo che trascorse buona parte della sua vita nei boschi del monte Bignone), i cittadini vollero onorarlo dedicandogli il nome della città, che così assunse il nome di Civitas Sancti Romuli.
Non è finita qui però, secondo una tesi, oggi universalmente accettata, la trasformazione del nome da "San Romolo" a "San Remo" avvenne a causa della fonetica dialettale ligure. La dizione portò a pronunciare "Romolo", "Romu" e infine "Rœmu", e quindi a traslare il nome nel parlato "Remu", ossia "Remo".
Il forte servì quindi ai genovesi per tenere a bada gli abitanti della città, con l'obiettivo di respingere ogni eventuale tentativo di rimpossessarsi del loro territorio, relegando sulle alture i dissidenti.
Fino al 1997 fu utilizzato come carcere giudiziario e poi riconvertito in sede di convegni e mostre. Oltrepassato il baluardo, camminiamo ancora sul lungomare, nella parte intitolata ad Italo Calvino, fino a raggiungere la sede dell'ex Stazione Ferroviaria, l'attuale Club Tenco, ed incontrare Corso Imperatrice.
La passeggiata, una delle più prestigiose della riviera, si estende verso ponente, e deve il suo nome al fatto che l’allora imperatrice di Russia, Maria Alexandrovna, nel 1874, donò al Comune una considerevole somma di denaro per adornare questo tratto litoraneo con un gran numero di palme. Ed era proprio all'ombra di una di quelle palme che il nostro Calvino era solito ad incontrarsi con gli amici di sempre per intavolare discussioni filosofiche; il ritrovo serale sul corso è certamente un dato autobiografico. Su una delle prime panchine, ad inizio passeggiata per chi proviene dal centro cittadino, è stata scattata la fotografia riportata sul pannello illustrativo del percorso, sulla quale si riconoscono Eugenio Scalfari, Percivalle Roero, Gianni Pigati, Piero Dentone, Italo Calvino e Agostino Donzella.
«Ci sedemmo sulla balaustra vicino alla strada ferrata e lui raccontò del modo illogico come erano costruite certe nostre fortificazioni sul confine, degli errori dei comandi nella dislocazione delle artiglierie. […] Quando ci ritrovammo verso le sei, eravamo entrati in guerra. Era sempre nuvolo; il mare era grigio. Verso la stazione, passava una fila di soldati. Qualcuno dalla balaustra della passeggiata li applaudì. Nessuno dei soldati levò il capo. (L’entrata in guerra)». In sole poche righe emerge la grigia e tetra atmosfera che regnava su Sanremo agli inizi della guerra, fra allarmi aerei, evacuazioni e armamenti, scombussolando in modo inequivocabile la vita di tutti. La fiorente zona turistica cadde, come del resto tutta l'Italia e l'Europa, in un periodo buio e disastroso; frequenti furono i bombardamenti che interessarono queste zone.
L'accalcarsi di turisti provenienti dall'Est cessò immediatamente. In nome di quel flusso turistico così importante per l'economia della città, (specialmente proveniente dalla Russia), l'allora amministrazione comunale decise di realizzare la chiesa ortodossa di Cristo Salvatore, direttamente ispirata alla cattedrale di San Basilio a Mosca. Vederla per noi oggi è una bella opportunità ed un investimento irrisorio per le nostre tasche, appena un euro. Da liguri che siamo, ne lasciamo cinque, per contribuire simbolicamente al prezioso impegno delle persone che ne curano i giardini antistanti e gli interni. Fú proprio durante uno dei bombardamenti sopra menzionati che la chiesa subì danneggiamenti al tetto e al pavimento. «La notte, di nuovo allarme; e una bomba cadde ed esplose vicino al casinò. Ci fu del parapiglia attorno ai tavoli da gioco, donne che svenivano. Tutto era scuro perché la centrale elettrica aveva tolto la corrente all’intera città, e solo restavano accese sopra i tavoli verdi le luci dell’impianto interno, sotto i pesanti paralumi che ondeggiavano per lo spostamento d’aria. (L’entrata in guerra)».
Nonostante non si tratti di una tappa del percorso calviniano, vale la pena, come nel caso di Villa Nobel, fermarsi anche qui! Come sapete siamo tipi curiosi, e già che siamo qui..
Tappa 11 - Corso Matteotti. Simbolo inequivocabile di una Sanremo legata al gioco d'azzardo, è il Casinò, aperto nel Gennaio del 1905 su progetto dall’architetto Eugène Ferret, per offrire un luogo di svago ai facoltosi ospiti stranieri. Calvino, nella sua carriera di giornalista, non mancò di ricordare in un saggio pubblicato sul "Politecnico" nel 1946, il passaggio che vide legalizzare il gioco d'azzardo da parte di Mussolini. «Nel 1905 s’aperse il Casinò ma i giochi d’azzardo non furono sempre permessi. Per dare piena libertà alla roulette e al Baccarat ci volle il Governo Fascista nel 1927, così Sanremo diventò la città dell’oro. (Sanremo città dell’oro)». Il casinò venne poi chiuso dopo i bombardamenti del 1940, riaprendo le sue porte solo al termine della guerra. Una nuova veste gli si cucì addosso nel 1951, quando ospitò la prima edizione del Festival della Canzone Italiana, che mantenne questa sede sino al 1976. Ed è proprio verso il Teatro Ariston che ci stiamo incamminando, soffermandoci ancora davanti a dove vi era la premiata Pasticceria Daetwyler, menzionata nel racconto "Furto in pasticceria", e in via Carli, sede dell'attuale Biblioteca Civica.
«Sono figlio di scienziati: mio padre era un agronomo, mia madre una botanica; […] Tra i miei familiari solo gli studi scientifici erano in onore […] Mio fratello è un geologo […] Io sono la pecora nera, l’unico letterato della famiglia. (Ritratti su misura)». Mario Calvino e Eva Mameli diedero i natali a Italo e a Floriano, suo fratello minore, legando lo scrittore per sempre a questa città. Il rapporto conflittuale con i suoi genitori di sempre di dominio pubblico, lui stesso definí il padre come "ultimo ligure tipico d’una Liguria che non esiste più" e la madre come una donna molto severa, austera, rigida nelle sue idee. (Se una sera d’autunno uno scrittore, 1980). Dediti ad una vita di studi e ricerche riguardanti botanica e agronomia, Mario ed Eva pubblicarono circa 12000 tra libri, riviste e opuscoli, donate nel 1979 alla Biblioteca di Sanremo proprio dai figli Italo e Floriano. La tappa 14 invece pone in evidenza un luogo caro allo scrittore, ovvero il Cinema Teatro Centrale, inaugurato il 20 marzo del 1924 nella centralissima via Vittorio Emanuele, che fu da sempre meta di rifugio per Calvino, dove si ritirava per sognare ad occhi aperti e dedicarsi, a suo dire, alla riflessione.
«Nell’adolescenza mi sono subito orientato verso modelli ironici e riflessivi, come potevano essere il sublime Leslie Howard o l’imperturbabile William Powell. O Fred Astaire, che anch’io adoravo: le sue straordinarie doti di ballerino lo facevano appartenere a un mondo superumano, ma come personaggio umano aveva humour e grazia… (intervista di Lietta Tornabuoni, 1981)». «Mio fratello invece va al caffè Imperia a vedere giocare al biliardo. Non gioca perché non è capace: sta ore e ore a vedere i giocatori, a seguire la biglia negli effetti, nei rinterzi, fumando, senz’appassionarsi, senza scommettere perché non ha soldi.
Alle volte gli danno da segnare i punti, ma spesso si distrae e sbaglia. (I figli poltroni)».
Questa è un'altra memoria che rievoca nel protagonista della nostra giornata infiniti ricordi. Appena giungiamo nei pressi del quindicesimo pannello illustrato, il nome del Caffè Venezuela è sostituito da un'insegna di Intesa San Paolo. Il locale, chiamato nei suoi racconti "Caffè Imperia", fu un rinomato luogo d’intrattenimento, storica sala da biliardo, frequentato oltremodo da figure poi divenute celebri, come per esempio Carlo Dapporto, che proprio qui esordì portando in scena le sue celebri barzellette.
A questo punto la voglia di caffè ci assale per davvero e, dopo un paio di sciocchi selfie con il Teatro Ariston come sfondo, voltiamo a sinistra su Piazza Borea e ci sediamo per un momento in uno dei tanti cafè presenti. Dedichiamo minuti aggiuntivi alla lettura che ci sta accompagnando sin dall'inizio di questa calda giornata, approfondendo il preludio che ci vedrà varcare, di li a poco, il cuore pulsante della Sanremo vecchia, la cosiddetta "Pigna di Sanremo". Chiamata così per la conformazione delle sue vie che richiamano la forma delle squame di una pigna, questa parte della città è davvero caratteristica e suggestiva: non ci eravamo mai stati.
Ai lati della centrale piazza Nota si evidenziano, mediante una mappa, le attrazioni principali del luogo, che vi riassumiamo brevemente con un elenco schematico, così da solleticarvi la voglia di perdervi nei caruggetti: Porte di Santo Stefano, Piazza dei Dolori, Oratorio di San Sebastiano, Piazza e Chiesa di Santa Brigida, Oratorio di San Costanzo, Giardini Regina Elena, Santuario Madonna della Costa, Piazza Cisterna, Chiesa di San Giuseppe, Casa dei Manara, Palazzo dei Conti Sapia-Rossi e la Torre Saracena, uno dei monumenti più celebri di Sanremo, edificata con lo scopo di difendere la città dagli attacchi dei corsari barbareschi durante il corso del XVI secolo.
Noi toccheremo solo alcuni di questi luoghi, come per esempio la minuscola piazza dei Dolori, così chiamata perché vi si riuniva l’omonima confraternita, «una piazza profonda come un pozzo e con un pozzo al centro», proprio come nella città invisibile di Pirra.
Questo è il luogo da dove partirono i ragazzi menzionati nella tappa dell' "Arenella" correndo velocemente per i carrugi «qualcuno ciabattando già in zoccoli per l’acciottolato» verso il molo per fare il primo bagno della stagione. Caratteristico è il palazzo Pretorio con il portico a tre archi e l'adiacente Oratorio di San Sebastiano, nato come voto della città per la liberazione dalla peste del 1502. Risalendo le vie di questo labirinto così intimo e peculiare, raggiungiamo i Giardini Regina Elena, dove si apre, per noi, un panorama davvero insolito che abbraccia tutto il litorale.In questa location, con ogni probabilità, Italo Calvino trasse ispirazione per scrivere uno dei romanzi più lunghi e significativi della sua carriera, "Il Barone Rampante". L’albero su cui sale Cosimo, alias appunto “Il Barone Rampante”, potrebbe essere uno dei giganteschi Ficus che ancor oggi si ergono maestosi in questo parco, ma non è dato sapersi. Girovagando in lungo ed in largo tra viottoli, scalinate e punti panoramici, possiamo rimirare ciò che prese il posto, nel corso del XIX secolo, di case e palazzi, demoliti per mano del Genio Civile per porre rimedio ai danneggiamenti causati dal terremoto del 23 febbraio 1887 «Un giardino pubblico ben ordinato e un po’ triste, che saliva con le sue siepi e spalliere la collina» (La strada di San Giovanni). Salendo poi le scale che ci condurranno presso Piazza Castello, fiancheggiando la centrale fontana monumentale, arriveremo all'esteso sagrato dinnanzi al Santuario di Nostra Signora Assunta, conosciuto anche come Madonna della Costa.
Aprendo una piccola parentesi storica, menzioniamo il fatto che il terrazzo del Belvedere venne creato subito dopo la guerra, per nascondere un bunker contenente una postazione contraerea e, dove ora c’è la fontana, vi era la porta di ingresso, ora murata.
Tornando al percorso e al santuario, secondo alcune fonti storiche, la nascita della chiesa potrebbe essere databile al 1361 quando il vicino castello dei Doria fu ceduto alla Repubblica di Genova, facendo cessare l'oppressione che regnava sul feudo. Tale liberazione valse l'istituzione della "festività delle catene", evento nel quale i sanremesi si recavano al sito trascinando delle pesanti catene simboleggiando la caduta della tirannia. Una leggenda che grava sul sito narra che gli occhi della Madonna della Costa, raffigurata da Nicolò da Voltri, siano talmente intrinsechi di pace e dolcezza, che ogni pittore o artista, nel consueto intento di copiarne le fattezze, potè affermare che i pennelli con cui fu tratteggiata sprigionassero più santità e devozione che colore. Ognuno di essi perciò, nell'atto di onorarne il culto, la copiò sempre rigorosamente restando in ginocchio.
Appresa la leggenda e visitati gli interni, torniamo sui nostri passi e aggiriamo il sagrato sulla nostra destra, dirigendoci verso le prossime tappe.
La 24 riguarda un passaggio interessante che però si può rivivere solamente con l'ausilio del pannello e del libro: Villa Ausberg.
Come altre abitazioni nel circondario, anche Villa Ausberg venne requisita dai nazisti durante il periodo di guerra, e riconvertita in prigione; anche se attualmente non è più riconoscibile per via della sua trasformazione in condominio, Italo Calvino la menziona così nel suo primo e celebre romanzo, "Il sentiero dei nidi di ragno": «La prigione è una grande villa d’inglesi requisita, perché nella vecchia fortezza sul porto i tedeschi hanno piazzato la contraerea. È una villa strana, in mezzo a un parco d’araucarie, che già prima forse aveva l’aria di una prigione, con molte torri e terrazze e camini che girano al vento, e inferriate che già c’erano prima, oltre a quelle aggiunte. Adesso le stanze sono adattate a celle, strane celle con il pavimento di legno linoleum, con grandi camini di marmo murati, con lavabi e bidè turati da stracci. Sulle torrette stanno sentinelle armate e sulle terrazze i detenuti fanno la coda per il rancio e si sparpagliano un po’ per il passeggio». Tutto davvero singolare ed insolito, siamo sicuri che ci saranno centinaia di persone che, passandoci davanti ogni giorno, addirittura probabilmente anche chi ci abita, ignori questa storia. Rimirato il panorama ponentino, continuiamo la nostra giornata letteraria imboccando la mulattiera di San Romolo, non prima di aver riempito le borracce nella vicina fontanella della Costa.La mulattiera si sviluppa completamente in salita, attorniata da muretti e case basse, villette per lo più, ognuna con un cancello privato ed un cane, a volte due, a far da guardia.
Il nostro passaggio per la via apre ufficialmente il concerto canino, come scatenato da una miccia di innesco, al primo abbaio rabbioso dei cani (cit.) seguiranno tutti gli altri, lungo la salita.
Altro che controllo del vicinato! I profumi della campagna si fanno sempre più intensi, i colori grigi della città lasciano il posto al rigoglioso verdeggiante della flora agricola, tra vitigni e olivi.
«C’era una guerra contro i turchi. Il visconte Medardo di Terralba, mio zio, cavalcava per la pianura di Boemia diretto all’accampamento dei cristiani»«. Tappa 24
Ed è proprio in cima alla mulattiera di strada San Romolo, che raggiungiamo villa Terralba, la notiamo subito, un paio di ceramiche poste sopra lo stipite del ligneo portone d'accesso, riportano le scritte: Villa Assunta, Terr'Alba Calvino. Un tempo qui dimoravano i nonni di Italo e, attualmente, è ancora abitata dai discendenti da parte di suo zio Quirino. Come spesso accade nei romanzi di Calvino, questo luogo ha ispirato la fantasia dello scrittore come nel verso appena citato: il visconte Medardo di Terralba è infatti il protagonista de "Il visconte dimezzato". Terr'Alba, oltre che fornirci la possibilità di rifiatare dopo la lunga salita, resta un punto focale di questo percorso che, via via, raggiunge le battute finali verso l'entroterra sanremese. Dobbiamo camminare ancora circa duecento metri, sui asfalto, per trovarci a ciò che è stato concepito come giro di boa del percorso, ovvero tappa 25, accostata al racconto de "La formica argentina", presumibilmente nato dal fatto che al tempo la diffusione di questo insetto in Riviera, produsse effetti devastanti sull’attività agricola locale, dando modo alla madre Eva Mameli di impegnarsi nella ricerca di efficaci rimedi per debellarne l'epidemia. «Noi non lo sapevamo, delle formiche, quando venimmo a stabilirci qui. Ci sembrava che saremmo stati bene, il cielo e il verde erano allegri […] come potevamo supporre la storia delle formiche?». I pannelli, a questo punto, invitano a tornare indietro verso i Giardini Regina Elena, ma noi, intraprendenti come siamo, decidiamo di fare a modo nostro e continuare a camminare verso Nord, raggiungendo via Marsaglia, al fine di congiungere a questo pezzo di percorso anche quello pensato per la campagna, ovvero le tappe 35, 36 e 34. Vero è che il primo tratto di strada provinciale non è bellissimo da percorrere per via dell'alto scorrimento della via, e la presenza di un paio di tornanti ma, con le dovute precauzioni, riusciamo a raggiungere un'altra mulattiera che si districa tra campagne e gli orti, nei pressi del civico 126, poco dopo aver sorpassato l'istituto Piccola Opera Cuore di Maria, sulla nostra sinistra. In successione attraverseremo Borgo Baragallo, zona campestre sulle alture di Sanremo, per arrivare ai piedi del ponte Tasciaire, dove significativo è questo passaggio: «Più in là si poteva scegliere tra due strade, a seconda se si riattraversava o no il torrente su un antico ponte a schiena d’asino […] Passato il ponte, la salita era quella della mulattiera di Tasciaire, ripida e soleggiata anch’essa, ma ritorta e varia, e selciata di vecchie pietre logore e sbilenche, da apparire in confronto comoda e familiare. (La strada di San Giovanni)». Da qui l'ultimo pezzo di salita conduce ai piedi della casa di Libereso Guglielmi, allievo del professor Mario Calvino, che divenne ben presto suo pupillo e giardiniere dalla straordinaria conoscenza botanica.
Raggiunta la casa gialla di Libereso è giunto davvero il momento di tornare indietro, per proseguire a ritroso una strada che ci condurrà, nuovamente, verso il santuario della Costa. Passeremo quindi in via Tasciaire incrociando il ponte di Baragallo (Tappa 34) e intersecando per più volte strade carrabili, come via Dante e via San Francesco. Punto di riferimento importante in questo tratto di via è lo storico Bar Panorama, posto in posizione strategica, dove diparte una via acciottolata sulla sinistra, punto strategico da cui iniziano le nostre prossime tappe, le numero 25, 26 e 27. Via Porte Candelieri prima, Via Romolo Moreno e Via Roglio poi. Così si apre un nuovo capitolo sui romanzi calviniani, riferendosi quasi direttamente all’opera che più di tutte si configura quale omaggio alla città vecchia "Il sentiero dei nidi di ragno". Dal cuore della Pigna proviene Pin con sua sorella Rina, la Nera del Carruggio Lungo, luogo di un’umanità derelitta che si muove fra prigione e osteria. Sono molti i carrugi cui Calvino può essersi ispirato per la stesura del celebre testo ma, in particolare, si pone in evidenza via Romolo Moreno, essendo la via più lunga presente in tutta la città vecchia. Percorse quasi interamente con il naso all'insù, queste vie, dal sapore antico e rievocatrici di storie passate, ci accompagnano in rigorosa discesa verso il centro urbano di Sanremo.
Dopo aver sceso tutti i gradini di via Roglio, proseguiamo diritti sulla parallela di Via Francia fino a giungere al rondò su Largo Volta, per svoltare quasi immediatamente su Via Meridiana.
Sul lato destro della via, chiusa e senza uscita, quasi del tutto irriconoscibile secondo i dettami del Novecento, ecco ciò che resta di Villa Meridiana. Fu proprio a partire dal 1925 che Mario Calvino progettò gli ambienti e gli aspetti della casa e del parco, istituendovi la sede della Stazione sperimentale di floricoltura «Orazio Raimondo». In soli 3 ettari di terreno vi si potevano trovare circa quattrocento varietà di piante tropicali, divenendo luogo di essenziale ispirazione nella biografia dell’autore. Qui Italo vi dimorò fino all’età di 22 anni e nei decenni a seguire questo luogo divenne il cuore pulsante dei suoi romanzi più intimi. Oggi nulla troviamo di ciò che fu questo luogo, se non palazzi e parcheggi: «Se tutti costruiscono perché non costruiamo anche noi? – che egli aveva buttato lì un giorno conversando con Ampelio in presenza della madre, e l’esclamazione di lei, a mani alzate verso le tempie: – Per carità! Povero il nostro giardino! – erano state il seme di una ormai lunga serie di discussioni, progetti, calcoli, ricerche, trattative. Ed ora, appunto, Quinto faceva ritorno alla sua città natale per intraprendervi una speculazione edilizia. (La speculazione edilizia)».
Usciti dalla via chiusa ci dirigiamo infine in direzione levante, sulla scalinata adiacente, ovvero la Mulattiera San Pietro, per rimirare il panorama e per toccare ancora le tappe 32 e 33, riconoscibili nel racconto “Strada di San Giovanni” che, al netto di alcuni cambiamenti urbani intercorsi nel tempo, le si può ripercorrere nelle pagine scritte da Calvino. «[…] bastava uscire dalla porta di cucina nel beudo che passava dietro casa a monte […] e subito si era in campagna, su per le mulattiere ciottolate, tra muri a secco e pali di vigne e il verde». Da qui in poi i nostri passi solcheranno via Borea per poi discendere nuovamente in via Volta, e terminare questo tuffo nella letteratura italiana attraverso i luoghi e la vita di una Sanremo schietta e familiare che ci ha stregati.
Route in Zahlen
h 3:45
Reise
13,50 Km
Streckendauer
210 mt
Höhenunterschied