I Sentieri di Pietra
Villa Faraldi
Restando sulla positiva scoperta dei territori della piccola valle dello Steria, oggi vi condurremo sui fantastici sentieri di pietra, ovvero le antiche mulattiere che attraversano il territorio di Villa Faraldi. Le origini di questo luogo potrebbero risalire all'epoca romana, come ci suggerisce il nome: il termine "Villa" vuole infatti indicare una fattoria o una casa di campagna, mentre "Faraldi" ha probabili radici germanico-longobarde, con "fara" che significa gruppo familiare riunito in un villaggio e forse ancora "wald", area boschiva di proprietà demaniale.
Quindi "Villa Faraldi" potrebbe coniugarsi in "villaggio abitato da un gruppo familiare in un bosco". Ed è proprio con l'analisi del nome che ci viene suggerito che, con l’arrivo dei Longobardi in Liguria, queste zone vennero abitate stabilmente, dando vita ad un piccolo villaggio diffuso. Ed è il nostro rapportarci con gli uffici comunali che ci fa incontrare Marlene Grosso, assessore con delega al turismo e appassionata di escursionismo, la quale ci illustra il recente progetto di valorizzazione territoriale chiamato “I Sentieri di Pietra - Le Antiche Mulattiere dei Faraldi”. Con il supporto della “Dianese Outdoor”, un’associazione sportiva dilettantistica interessata alla promozione, valorizzazione e sviluppo delle iniziative outdoor sul territorio nel Golfo Dianese, di cui è presidente, Marlene ci indirizza su di un grande anello capace di abbracciare in pieno gran parte del comprensorio faraldese, dandoci il là per poterlo percorrere partendo proprio dalla soglia della casa comunale.
Villa Faraldi è un borgo molto raccolto il cui punto principale è rappresentato dalla Parrocchiale di San Lorenzo Martire e dal suo sagrato, che raggiungiamo attraversando piccole vie e caruggi caratteristici. A lato della chiesa è possibile imbattersi in due bambini davvero curiosi: si tratta di Karoline e Mikael Alejandro, pregevoli statue bronzee realizzate dallo scultore Fritz Røed.
Nel corso del nostro progetto siamo soventi trovare persone e/o personalità di origine nordica che, innamoratisi dei nostri borghi, hanno scelto di stabilirvisi in pianta stabile per una parte della loro vita, artistica o personale che sia. Il caso dell’artista norvegese Fritz Røed, che studiò arte in diverse accademie d'Europa, vide proprio la trasmutazione della sua vita da Bryne, sua città natale, a Villa Faraldi, trascorrendo lunghi anni in questa parte della val Steria, aprendo anche uno studio/laboratorio d’arte. Considerato dalla critica uno degli ultimi grandi scultori norvegesi, la sua forte influenza artistica valse tanto da istituire una borsa di studio a suo nome, con lo scopo di promuovere l’interesse e la comprensione dell’arte visiva, dell’artigianato e dell’attività artistica, in particolare attraverso la ricerca, la diffusione e lo scambio culturale tra la Norvegia e l’Italia.
Il vincitore di questa Borsa di Studio riceve 20.000 NOK (corone norvegesi), un soggiorno di due mesi a Villa Faraldi e l’opportunità unica di lavorare nell’atelier Santa Caterina, organizzato negli spazi dell’ex Cappella di Tovo Faraldi che, dal 1970, viene utilizzato come studio da tanti artisti di caratura europea, sulla scia di Fritz Roed; ricordiamo Inger Sitter, Franz Widerberg, Eli Marie Johnsen, Bengt Ohlsson e tanti altri. Non a caso il principale evento culturale del borgo è il Festival di Villa Faraldi, organizzato per la prima volta nel 1984, identificandosi come una manifestazione dove vengono esposte pitture e sculture in collaborazione con la Galleria nazionale di Oslo. Chiusa questa doverosa parentesi artistica, iniziamo la trekkinata entrando nella Parrocchiale che, secondo fonti locali, fu realizzata in stile romanico sul finire del Duecento. Di quel periodo si conserva soltanto il colonnato all’interno, mentre tutto il resto ha subito nei secoli diversi interventi che le hanno conferito un aspetto più barocco.
Di notevole interesse storico artistico è il pulpito in ardesia, presumibilmente risalente ai primi del ‘500, ed ancora la lapide tombale esposta a destra della porta secondaria, risalente al I secolo d.C., e ritrovata nelle campagne qui attorno, sulla quale è inciso il dolore di una mamma, tal donna Licinia, per la prematura morte del figlio.
Usciti da San Lorenzo ci spostiamo verso nord, da Piazza XII Aprile prendiamo via Trieste, trovando le indicazioni che ci guideranno fin lungo la “Via della Transumanza (D)”.
ll cammino si svolgerà per buona parte in salita, in direzione Pizzo Aguzzo, su di un’antica mulattiera molto ben tenuta. Salendo tra i gradoni in pietra, ricordatevi di voltarvi di tanto in tanto, il panorama che si gode da mezza costa con il borgo di Villa contornato dal verde della macchia e dall’azzurro del mare, è qualcosa di unico. Con lo scampanellio proveniente dai campanacci di qualche bestia raggiungiamo ciò che resta dell'Oratorio di San Bernardo, costruito a metà Seicento e utilizzato poi come ricovero per far riposare il bestiame dopo aver percorso la ripida salita. Non a caso anche noi riprendiamo fiato proprio su questo pianoro! Giunti in cresta dopo una decina di minuti, teniamo la destra e percorriamo il crinale per mezzo di un dolce saliscendi, contornati dalla gariga mediterranea, fino a toccare la vetta del Monte Bandia (565 mt slm). Raggiunti - anche in questo caso - i ruderi della Cappella di San Sebastiano, ignorando la mulattiera che porta a Tovo Faraldi, proseguiamo con lo sguardo rivolto verso il mare, lasciando alla nostra sinistra la val Merula e a destra la val Steria.
Sopraggiunto il pendio del monte Chiappa (541 mt slm), di cui ne percorriamo la sommità, l’interminabile vista mare che ci accompagna ormai da tutto il crinale arriva a sconfinare da Capo Berta sino alla piana d’Albenga con l’isola Gallinara ad impreziosirne il golfo.
Ammaliati da tanta bellezza, percorsi più o meno altri 300 metri, abbandoniamo definitivamente la via della Transumanza per seguire un selciato identificato nella “Via delle Trincee (C)” che si svolge completamente in discesa. Qui la traccia non è sempre evidente, perciò fate attenzione ai pittogrammi gialli e rossi posizionati qua e la sul sentiero.
Come spiegheremo nella pagina successiva, il nome di questa via è dato dalla presenza di numerosi muretti intervallati da fossati, che ricordano molto le trincee costruite ai tempi della Campagna d’Italia, che sembra però non esser stata combattuta in queste zone.
Il sentiero si trasforma presto in una carrareccia e, oltrepassato e richiuso un cancello di fortuna, quasi in prossimità di un’abitazione, rientriamo nel bosco lungo una via in piano che ci porterà a raggiungere la frazione di Tovo Faraldi.
Prima di uscire dal bosco però, a lato del sentiero, incontreremo un punto d’interesse chiamato “La Fornace” dove un tempo veniva prodotta la calce, ed ancora “La Madonnetta”, un luogo dove è stata collocata una piccola statua della Vergine all’interno di un simil riparo sottoroccia; val la pena concederci una sosta. Arrivati nell’abitato, seguendo via Piave, ci si imbatte nella chiesa di Sant’Antonio Abate, di probabile datazione cinquecentesca, interamente rimaneggiata nel periodo barocco, come attesta l'iscrizione sopra il portale (1709). La sua navata unica ci sorprende per la ricchezza delle decorazioni: affreschi, stucchi e sculture lignee testimoniano il forte sentimento religioso della piccola comunità rurale. Su tutte ci colpisce un crocifisso realizzato dal maestro Maragliano. Poco distante da qui sorge invece l’Oratorio di Santa Caterina, in attività dal 1580, di cui vi abbiamo fatto menzione ad inizio articolo.
La porta è aperta ma un cancello ne vieta l’ingresso; ci limiteremo quindi a contemplarne gli interni restando al di la delle grate.
Da questo punto in poi ci sposteremo sull’itinerario B, “Tra Santi e Oratori”, solcando l’asfaltata via Ardoino fino ad entrare nel piccolo borgo condiviso di Tovetto, caratterizzato dalla presenza di molte installazioni artistiche che ne adornano le vie. All’altezza di un tornante lasciamo quindi la provinciale ed entriamo in via Borgata Tovetto dove, ad accoglierci, vi è la piccola Chiesa di San Sebastiano, risalente al XVI secolo e, scendendo verso valle, il pilone votivo chiamato “Santo do Causetta”.
Continuando la discesa oltre l’agglomerato di case, attraversiamo il piccolo torrente del Tovo, principale forza motrice che un tempo alimentava i gumbi ad acqua che si possono ancora oggi osservare lungo il cammino. Tutt’attorno a noi si dilungano su fasce terrazzate miriadi di piante d’olivo, vera risorsa - antica e moderna - di queste zone.
La conclusione dell’itinerario è ormai prossima e si prosegue seguendo le ultime paline informative dei Sentieri di Pietra che ci conducono prima all’Oratorio della Madonna della Lea Inferiore e poi a quello della Lea Superiore; il primo, costruito nel XVII secolo, divenne nel Novecento un magazzino, mentre il secondo fu ristrutturato nel corso del Novecento ed adattato a laboratorio d'arte.
Sul lato destro della piccola cappella continua il sentiero che, nascosto dall’erba alta, fatichiamo a trovare. Ricongiungerci su via Cascione è un attimo, potendo così recuperare l’auto posteggiata ad inizio giornata e concludendo l’anello in circa tre ore e mezza.
Route in Zahlen
h 3:30
Reise
10,50 Km
Streckendauer
500 mt
Höhenunterschied