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h 1:15

Reisezeit

3,50 Km

Pfadlänge

120 mt

Höhenunterschied

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Incastonato tra una serie di Bric montani la cui altezza variabile non supera mai gli 800 mt. di quota, in questo itinerario vi andremo a presentare un percorso che si sviluppa nella "Valle dei Tre Re", sita ai margini della più conosciuta Val Bormida di Millesimo. Per lo più disabitata e ricoperta di fitto bosco, questa zona è caratterizzata da molteplici fenomeni carsici, che trovano la loro massima espressione nella parte alta, dove ci addentreremo tra poco. In quelle zone i conglomerati e le arenarie sono alternati da interessanti formazioni calcaree che danno vita a due antri, di dimensioni differenti, chiamati rispettivamente Tana dell'Arma e Tana dell'Armetta.
Il punto di partenza della nostra trekkinata lo si può geo localizzare molto facilmente, il Santuario del Deserto è un luogo molto conosciuto qui in zona, oltre ad essere sicuramente di grande impatto visivo per via dell'alta cupola che domina il cortile antistante. A causa delle sue atipiche particolarità geologiche, che danno origine ad una grotta con circuito idrografico ipogeo attivo, priva cioè di emissario superficiale, la Valle dei Tre Re è entrata di diritto a far parte del Parco Naturale del Bric Tana. Il circuito sotterraneo di queste acque, rinominato "fonte del Garbazzo", ormai è completamente captato e incanalato dall'acquedotto del comune di Millesimo. Presso la risorgiva del Garbazzo, luogo riconoscibile da un grosso pannello illustrato sito nei pressi del piazzale della chiesa, imbocchiamo una stradina asfaltata che si addentra nel castagneto accanto ad alcune case. Il sentiero, che ben presto diventa sterrato, ci permette di aggirare senza troppe difficoltà il Bric Mongarda e percorrendolo troviamo indicazioni segnaletiche sempre ben dettagliate e puntuali. Con la sola esclusione di un piccolissimo tratto di via appartenente al comune di Murialdo, tutto l'itinerario si sviluppa sotto la giurisdizione di Millesimo.
La nostra sterrata principale lascia ben poco spazio d'errore nella sua percorribilità, l'anello "Delle Grotte", così lo si può identificare con facilità una volta in loco, è quasi tutto pianeggiante e compreso in un bellissimo e fresco bosco misto di castagni e pini. Dando credito alla caratteristica predominante dei sentieri ad anello, tenendo sempre la destra dinnanzi un bivio od un trivio, non ci si può mai sbagliare. Scherzi a parte, a metà della trekkinata ci imbattiamo in un trivio segnalato da una classica palina verticale, dove, mantenendo il lato sinistro idrografico della valletta, raggiungiamo la Tana dell’Arma (653 mt.).
Come dicevamo all'inizio, l’Arma e l’Armetta sono due grotte morfologicamente sovrapposte, scavate dalle acque in epoche differenti e che hanno dato origine a questi spettacolari antri. L'Arma, la prima ad essere interessata dalla nostra esplorazione, presenta di per sé una lunghissima ed evidente apertura rettangolare (protetta da palizzata lignea), caratterizzata da una parete stratificata e da un inquietante inghiottitoio sul fondo, mentre l'Armetta, come lascia intendere il suo nome, si presenta con dimensioni decisamente più ridotte. La caratteristica principale che più interessa il secondo sito è che, in antichità, dalle sue pareti venivano ricavate le più classiche mole da macina; i particolari incavi tondeggianti da cui gli “scalpellini” estraevano la roccia sono ben riconoscibili. Oltrepassato un piccolo bypass artificiale creato per agevolare la via di accesso all'Armetta, ci apprestiamo ad affrontare il tratto più ripido del percorso (ca. 90 mt. di dislivello positivo) rientrando nel fitto castagneto e raggiungendo di fatto il Bric dell’Arma (731mt).
Se avete seguito attentamente la cartellonistica, siete giunti alla parte finale dell'escursione, rigorosamente in discesa. Attraversando il valloncello esposto a mezza costa, notiamo numerosi alberi caduti, purtroppo anche sul percorso, ma non spaventatevi, non si tratta di grossi impedimenti, basterà zigzagare tra le fronde seguendo le tracce di altri camminatori. Attraversando poi un bellissimo prato verdeggiante, ci apprestiamo a terminare l'anello scorgendo nuovamente il Santuario.
In questa vallata, già chiamata del Deserto nel XVI secolo, si era soliti recarsi per la tradizionale raccolta di castagne, unica risorsa locale fino ad oltre la seconda metà del Novecento.
La storia ci racconta che, attorno al 1600, in un antico essiccatoio, per volere dell'allora parroco Pietro Paolo David, venne commissionato un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino seduta su di un trono, a simbolica protezione dell'importante attività di sussistenza.
Secondo una leggenda popolare, nel 1725, per uno dei sentieri che collega la Liguria con il basso Piemonte, camminava una donna con suo figlio cieco dalla nascita.
Quella madre proveniva dalla lontana Finale Ligure in direzione Ceva, per raggiungere uno stimato dottore specializzato nella cura della vista. Giunta in tarda serata presso la Madonna del Garbazzo o delle Tre Fonti, chiamata anche così per via delle caratteristiche orografiche del luogo, ritrovatasi nei pressi di quell’essiccatoio, ne usufruì per trovare riparo offrendo le sue preghiere dinnanzi alla sacra effigie. La mattina seguente la donna pregò ancora la Madonna del Deserto e, ripartendo, il figlio, che mai l'aveva vista, le disse: «Mamma come sei bella!». Trovandosi di fronte ad un miracolo la donna corse in paese a spargere la voce, e da li in poi la gente cominciò a giungere in quel luogo da ogni dove, invocando grazie e suppliche.
Già nel 1726 si annoveravano 5 - 6 mila pellegrinaggi nei giorni festivi. Un clamore che non tardò ad arrivare al cospetto del Vescovo di Alba, diocesi di compendio, che diede il permesso ai popolani di costruire una chiesa in onore di Maria Santissima, ultimata in un anno solare.
Cinquant'anni più tardi, queste zone vennero interessate dalle feroci battaglie napoleoniche, che non risparmiarono nemmeno il piccolo santuario.
Nel 1796 infatti, le truppe francesi, già vittoriose nei borghi di Montenotte, Dego e Millesimo, raggiunsero il Garbasso e furono autori di un rovinoso ed importante saccheggio ai danni della chiesa.
Dovremmo poi attendere circa cent'anni ed un repentino aumento di pellegrinaggi per poterci ritrovare al cospetto dell'attuale architettura. Con sommo impegno dei fedeli, nel 1867 iniziarono i lavori per l'edificazione di un Tempio più grande, a forma di croce greca, con una navata centrale e otto grandi piloni di sostegno disposti ad esagono, per non parlare della imponente cupola alta quasi 53 metri.
In tutto questo però non ci dobbiamo dimenticare dell'effige che diede inizio a questa bella storia: nella prima metà dell'Ottocento, la parte di muro del seccatoio su cui era dipinta l'immagine, venne asportata e collocata in una nicchia marmorea sopra l'altare maggiore ma le immagini di San Pietro e San Paolo, che si trovavano nel dipinto originario, andarono perdute. Ovviamente essa subì negli anni diversi ritoccamenti, alcuni dei quali non troppo rispettosi ma, grazie ad accurati interventi di restauro effettuati negli anni '60 del Novecento, si è riusciti a riportare all'aspetto originario il dipinto, emblema della sacralità del luogo, accentuando una curiosità: se vi soffermate a guardare gli occhi della Madonna, vi sembrerà di essere sempre seguiti dal suo sguardo, provare per credere. A testimonianza dei miracoli attribuiti a Maria Santissima, vi sono centinaia di ex voto, a maggioranza dipinti, custoditi in una sala collegata alla sacrestia (si pensa che più del doppio siano andati perduti con i saccheggi napoleonici menzionati poc'anzi).
Sicuramente ci troviamo in un luogo molto interessante sotto diversi aspetti, in grado di abbracciare una folta comunità di fedeli e trekkinatori come noi; infatti il sito è raggiungibile da Murialdo in circa 2 ore di cammino per 6 Km, oppure da Roccavignale e Millesimo con 9-10 Km di sentieri da compiere in 2 ore e mezza.
Per chi arrivasse dal Piemonte, invece, e più precisamente da Castelnuovo di Ceva, può effettuare un pellegrinaggio di 3 ore e 15 minuti su un percorso lungo 11 km.

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